Canfora Luciano - 2013 - La trappola: Il vero volto del maggioritario by Canfora Luciano

Canfora Luciano - 2013 - La trappola: Il vero volto del maggioritario by Canfora Luciano

autore:Canfora Luciano
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Democracy, Political Ideologies, History & Theory, Political Science, General
ISBN: 9788838931000
editore: Sellerio Editore srl
pubblicato: 2013-05-26T22:00:00+00:00


2 Dall’intervento di Palmiro Togliatti alla Camera dei Deputati, Atti parlamentari, seduta antimeridiana di lunedì 8 dicembre 1952, pp. 43324-43331.

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La metamorfosi

Raccontare come mai al passaggio dagli anni Ottanta ai Novanta il PCI, mutando se stesso sull’onda di una trasformazione epocale degli equilibri e della storia mondiale, abbia gettato via come relitto del passato l’architrave democratico del principio proporzionale significherebbe ripercorrere la storia italiana dei due decenni 1968-1988. Non lo faremo ovviamente in questa sede. Noteremo però che tutta la strategia che precede e segue la formulazione del «compromesso storico» (settembre 1973) – cioè della proposta di un nuovo patto costituente tra le maggiori forze popolari – in tanto aveva un senso in quanto la forza parlamentare del PCI e della sinistra nel suo insieme fosse tutelata dal mantenimento del sistema elettorale proporzionale. Era appunto tale sistema che garantiva la consistente rappresentanza, e quindi il peso politico. Lo si vide nel cosiddetto «biennio rosso» 1974-1976, apertosi con la vittoria della tesi divorzista al referendum del ’74 e culminato nelle elezioni politiche del 1976 che diedero al PCI il 34% e alla DC il 38%: premessa per un governo che coinvolgesse, nonostante i veti reiterati degli Stati Uniti, entrambi i grandi partiti. Esito che fu stroncato con l’operazione pseudo-rivoluzionaria, ma palesemente pilotata dall’estero, del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, artefice accorto dello spostamento della DC in direzione dell’«incontro» con quel terzo abbondante del paese che si riconosceva nel PCI.

È la fine del «socialismo reale» in Europa, con la conseguente precipitosa auto-dissoluzione sia del PCI che della DC e l’apparizione di una vera destra anti-antifascista («Forza Italia» e sue varie isomorfosi) che determina il cambio di cultura al vertice del partito-erede del PCI, il PDS. Cambio di cultura, persuasione di poter «vincere al tavolo da gioco» la battaglia elettorale, sfiducia forse nella propria capacità di conquistare consensi e illusione che nella lotta politica esistano scorciatoie: tutto questo determinò il passaggio alla «cultura del maggioritario» proprio al vertice della forza politica che più aveva, e così a lungo, presidiato il principio fondamentale della democrazia: «un uomo/un voto».

Al termine del ventennio 1992-2012 la ricerca della migliore scorciatoia verso la vittoria, puntualmente delusa dagli esiti elettorali, sempre risicati e ogni volta caduchi, ha avuto il suo epilogo nelle elezioni del 24-25 febbraio 2013. Esse sono state precedute da una finta ricerca, da parte degli schieramenti temporaneamente uniti sotto l’egida del governo «tecnico», di una nuova legge elettorale. In realtà entrambi speravano di farcela ad intascare il grosso premio previsto dalla legge attualmente vigente e perciò nulla modificarono. L’esito paradossale è stato che nessuno dei due schieramenti (centrodestra e centrosinistra) riuscì a vincere. Tra l’altro perché nel frattempo gli schieramenti erano diventati quattro. E parafrasando, e capovolgendo, l’osservazione di Nenni del 1945, si potrebbe ora dire che «in un paese a partiti multipli» il sistema maggioritario porta non alla «governabilità» ma al disastro. Tra l’altro perché all’omogeneizzante accordo di «larghe intese» si approda comunque ma vi si giunge con una rappresentanza delle componenti coinvolte falsata dalla capricciosa follia del meccanismo maggioritario.



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